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eversive del 7 luglio 1866, con cui venivano soppressi gli Istituti religiosi
nell’Italia Meridionale, come tutti i Redentoristi della Provincia napoletana,
fu costretto a ritornare in famiglia. Abitò a Canosa per 20 anni, durante i
quali, oltre a mantenersi in costante contatto con il Superiore Generale e
gli altri confratelli della Congregazione, con i quali condivise molti mo-
menti di attività apostolica, si adoperò particolarmente per i suoi concitta-
dini, partecipando con spiccata sensibilità missionaria alle loro vicissitudini
umane, spirituali e sociali.
Durante il ventennio canosino, profuse le sue forze e la sua disponibi-
lità nel testimoniare il Vangelo della misericordia con la predicazione, la
formazione delle coscienze, la direzione spirituale, la riconciliazione dei
conflitti, il conforto della preghiera nelle difficoltà e una fattiva sollecitu-
dine verso i poveri e gli ammalati.
Per ben due volte tentò, inefficacemente, di ricostituire una comunità
redentorista, a Materdomini nel 1869 e a Francavilla Fontana nel 1886.
Con l’attenuarsi dell’ondata anticlericale, la mattina del 3 gennaio 1887,
senza notificare ad alcuno la partenza, poté finalmente ritornare nella co-
munità redentorista di Pagani (SA) per contribuire attivamente alla ripresa
della provincia religiosa,
Dopo cinque anni trascorsi nella comunità di Angri (SA), insieme al
servo di Dio p. Giuseppe Leone, fu trasferito a Pagani, dove, per i succes-
sivi 20 anni, si occupò della formazione degli studenti teologi. Nel 1907,
nonostante soffrisse di paralisi progressiva già da 17 anni, fu nominato ret-
tore della casa di Pagani e nel 1909 superiore provinciale.
Profondamente animato dal carisma redentorista, nell’annunciare il
Vangelo ai più abbandonati, con sacrifico e grande senso di responsabilità,
non risparmiò le forze e i talenti ricevuti nel ministero della predicazione,
nella saggezza del governo, nel testimoniare la carità ai confratelli, nella
tenacia durante le avversità e nella totale fiducia dell’aiuto di Dio.
Considerato guida spirituale esperta e misericordiosa, usufruirono dei
suoi consigli persone di tutti i ceti sociali: sacerdoti, vescovi, cardinali e i
pontefici s. Pio X e Benedetto XV. Il beato Bartolo Longo e la sua consorte,
la contessa De Fusco, lo ebbero come confessore e direttore spirituale.
L’aiuto del p. Losito a Bartolo Longo fu determinante nei momenti difficili
durante l’edificazione delle opere sociali annesse al Santuario di Pompei
(NA), soprattutto per la fondazione dell’Istituto per l’educazione e la sal-
vezza delle figlie dei carcerati.
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